Yulin, Italia chiede a Cina di fermare macellazione dei cani. Nel silenzio degli europei

L’Ambasciata italiana a Pechino si è espressa con parole forti contro il festival di Yulin, dove ogni anno vengono macellati migliaia di cani e gatti. Ma gli altri paesi europei hanno detto “no” a una dichiarazione congiunta

In una mossa senza precedenti, l’Ambasciata italiana a Pechino chiede che il festival di Yulin, dove ogni anno vengono torturati e uccisi migliaia di cani e gatti, “possa cessare al più presto”. Lo fa con una dichiarazione preceduta da un incontro con alti funzionari diplomatici cinesi, spiega la Farnesina contattata da Iene.it, in cui l’Ambasciata italiana ha reiterato “la sua ferma condanna di ogni forma di violenza e maltrattamento nei confronti degli animali da compagnia”,  dando “voce alle sensibilità manifestate da tanti cittadini italiani”.

“Questa mossa conta, tanto quanto la firma dell’Italia alla Via della Seta”, spiega Franco Frattini, ex ministro degli Esteri e da anni impegnato in difesa degli animali e contro il festival di Yulin. “Ai cinesi non sfugge nulla. Terranno conto della dichiarazione e rifletteranno”. Per Frattini, che conosce bene la realtà cinese, però si sarebbe potuto fare di più. E a Iene.it fa notare che “a Roma avrebbero dovuto convocare l’ambasciatore al ministero. Avrei preferito una mossa dello stesso ministro“. Resta comunque il risultato storico, in un periodo in cui, come segnalano dal ministero degli Esteri, è “aumentata la sensibilità dell’opinione pubblica cinese per i diritti degli animali da compagnia, specialmente tra le giovani generazioni”. Ed è per questo che i numeri del festival sono in diminuzione, cani macellati inclusi. Ce lo ha raccontato anche Davide Acito, l’attivista italiano in questi giorni in Cina impegnato nel salvataggio dei cani destinati al macello, che avevamo conosciuto nel servizio di Giulia Innocenzi e Francesca Di Stefano: a Nanning, città a duecento chilometri da Yulin, “da 12 rivenditori di carne di cane quest’anno siamo passati a 3”.

Ma la brutalità con cui vengono uccisi i cani e i gatti al festival resta. Ed è per questo che il silenzio degli altri paesi europei è ancora più sconcertante. “Avevamo proposto un’azione congiunta dei paesi dell’Unione europea”, fanno sapere dalla Farnesina, “senza però riscontrare adesioni”. Gli alleati europei, quindi, hanno preferito il silenzio. “Avessimo fatto una dichiarazione congiunta sarebbe valsa di più”, spiega rammaricato Frattini. E l’impegno dell’ambasciatore Sequi perché la voce degli altri partner europei “si unisca a quella italiana in questa meritevole causa” va avanti. Anche perché il festival di Yulin è partito come ogni anno nel solstizio d’estate, il 21 giugno, e va avanti per dieci giorni.

E sono quasi quattro milioni le firme raccolte dalla piattaforma Change.org per chiedere di chiudere il festival. La mobilitazione dell’opinione pubblica conta. Anche perché oggi non viene più soltanto dall’estero, ma può contare pure su una forte opposizione interna. Basterebbe un’Europa più coraggiosa, forse, per fare la differenza.

 

(Fonte Change.org – aggiornamento petizione)