Si parla di clima, lupi, trivelle e delfini

CLIMA, WMO: 4 INDICATORI CHIAVE BATTONO RECORD IN 2021

Quattro indicatori chiave del cambiamento climatico – le concentrazioni di gas serra, l’innalzamento del livello del mare, il calore degli oceani e l’acidificazione degli oceani – hanno stabilito nuovi record nel 2021. Un ennesimo chiaro segno che le attività umane stanno causando cambiamenti in tutto il pianeta, sulla terra, negli oceani e nell’atmosfera, con conseguenze dannose e di lunga durata per lo sviluppo sostenibile e gli ecosistemi. E’ l’allarme che lancia l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni unite nel suo ultimo rapporto, lo ‘State of the Global Climate in 2021’. Come sempre è la frequenza nel susseguirsi di record negativi a indicare la gravità dell’emergenza climatica in atto: gli ultimi sette anni sono stati i sette anni più caldi mai registrati e la temperatura media globale nel 2021 è stata di circa 1,11 gradi sopra i livelli preindustriali tra 1850 e 1900. I gas serra hanno raggiunto un nuovo massimo globale nel 2020, ricorda il rapporto, quando la concentrazione di anidride carbonica ha raggiunto le 413,2 parti per milione a livello globale, il 149% del livello preindustriale. Per farla finita con “la triste litania dell’incapacità dell’umanità nell’affrontare lo sconvolgimento climatico” serve “un’azione urgente” per allontanarsi dal “vicolo cieco” dei combustibili fossili, esorta il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che aggiunge: “se agiamo insieme, la trasformazione dell’energia rinnovabile può essere il progetto di pace del 21 mo secolo”.

3.300 ESEMPLARI IN ITALIA MA MINACCE AL LUPO RESTANO

Complessivamente in Italia si stima la presenza di circa 3.300 lupi, intorno ai 950 esemplari si muovono nelle regioni alpine, mentre sono quasi 2.400 quelli distribuiti lungo il resto della penisola. Se si calcola l’estensione delle aree di presenza del lupo si può affermare che la specie occupa la quasi totalità degli ambienti idonei nell’Italia peninsulare. Ovunque la popolazione di lupo è cresciuta, sulle Alpi si è registrato l’aumento più significativo. Queste le stime elaborate dall’ISPRA su mandato del ministero della Transizione Ecologica al termine di un progetto di monitoraggio della specie realizzato a livello nazionale. “I risultati del monitoraggio dimostrano il grande successo degli interventi di conservazione che sono stati realizzati nel corso degli ultimi decenni”, commenta il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, “un importante risultato ottenuto grazie ad anni di lavoro e di azioni di conservazione portate avanti soprattutto dai parchi”. “I numeri sono in crescita, come gli esperti si aspettavano, ma le minacce per la sua conservazione restano attuali”, avverte il WWF. Bracconaggio e mortalità accidentale continuano a uccidere centinaia di lupi ogni anno, e l’ibridazione con il cane mette a repentaglio l’integrità genetica della specie. Per questo “occorre non abbassare la guardia e continuare a lavorare per favorire la coesistenza del lupo con le attività umane, la zootecnia in primis”, auspica l’associazione.

IN ALTO ADRIATICO LE TRIVELLE MINACCIANO I DELFINI

Trivelle contro delfini. Il Sito di Interesse Comunitario marino Adriatico Settentrionale Veneto – Delta del Po, un’area protetta di 225 chilometri quadrati, istituita nel 2020 per tutelare specie di interesse comunitario come il delfino tursiope e la tartaruga marina comune del Mediterraneo, “è minacciata da un progetto di estrazione di gas”. Lo denuncia Greenpeace, che a bordo della nave ammiraglia dell’associazione, la Rainbow Warrior, ha condotto una campagna di monitoraggio nell’area antistante la foce del Po con i ricercatori dell’Università degli Studi di Padova e promossa dal Parco veneto del Delta del Po. Avvistati 112 esemplari della specie Tursiops truncatus in gruppi composti in media da 5 animali, con la presenza di numerosi individui giovani e piccoli. Il Nord Adriatico si conferma come un habitat chiave per il delfino tursiope, “nonostante il forte impatto antropico, dovuto non solo alla pesca e al traffico marittimo”, segnala Greenpeace. Qui si trova infatti il terminale Adriatic LNG, il più grande impianto di rigassificazione d’Italia, ma avvengono anche estrazioni di idrocarburi. “Ci troviamo davanti a una scelta decisiva: il nord Adriatico è stato particolarmente sfruttato da attività umane che hanno determinato impatti drammatici sulla sua biodiversità e sui territori- avverte Sandro Mazzariol, professore dell’Università di Padova- È ora di investire in un futuro diverso che punti a fare della conservazione ambientale un elemento di forza e ricchezza per le comunità locali, favorendo lo sviluppo di quelle attività economiche che ne tengono conto”.

CONOE: CRIMINALI A CACCIA DI OLI VEGETALI ESAUSTI

Gli oli vegetali esausti sono diventati una merce preziosa sul mercato dei rifiuti e la criminalità organizzata ci ha messo sopra gli occhi e le mani. Lo dimostrano i sempre più numerosi fatti di cronaca che raccontano di inchieste della magistratura in tutta la Penisola. Un rifiuto che oggi ha un valore economico più elevato, anche alla luce della crisi ucraina, ed è sempre più spesso oggetto di furti o estorsioni. Lo denuncia Il Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti – il CONOE – che quantifica in circa 15 mila le tonnellate di rifiuto che ogni anno vengono sottratte al tracciamento legale e non avviate al trattamento e alla rigenerazione, prendendo strade pericolose per la salute umana e per l’ambiente. L’olio esausto, addirittura, se trattato illecitamente può essere reintrodotto nei settori dell’alimentazione umana e animale, mischiandolo con altri oli “vergini” e rimettendolo in commercio o usandolo per la preparazione di mangimi animali e, di conseguenza, reintroducendolo nella catena alimentare. “Alla luce della situazione il CONOE ha istituito uno sportello di assistenza alle imprese vittime di furti o estorsioni”.

di Roberto Antonini

24 Maggio 2022

(Fonte Agenzia DIRE  www.dire.it)