Test sugli animali, braccio di ferro sullo stop. La Lav scrive a Speranza

A gennaio dovrebbero entrare in vigore le limitazioni negli studi sui danni da droga, alcol e tabacco. L’associazione: «Basta rinvii». I ricercatori: «Non se ne può fare a meno»

Basta proroghe al divieto di sperimentazione animale negli studi sulle dipendenze da droga, alcol e tabacco e in quelli riguardanti gli xenotrapianti, ovvero i trapianti di organi e tessuti tra specie animali differenti. È l’appello che il presidente della Lega antivivisezione, Gianluca Felicetti, rivolge al ministro della Salute, Roberto Speranza, in vista dell’entrata in vigore, da gennaio, delle restrizioni previste dalla legge italiana per gli studi sulle sostanze d’abuso. Una scadenza già più volte rimandata e che da più parti si ipotizza di rimettere nuovamente in discussione, con una ulteriore dilazione che consenta di portare avanti i progetti in corso. Una prospettiva che le associazioni animaliste chiedono tuttavia di non prendere in considerazione, essendovi stato ampio margine di preavviso sul cambio di passo (la legge italiana di recepimento della direttiva UE 63/2010, con la specifica delle prescrizioni aggiuntive valide sul territorio nazionale, è stata approvata nel 2013 ed è entrata in vigore con il Dlgs 26 del 2014) ed essendo disponibili – fanno notare — metodologie alternative che già vengono adottate da molti ricercatori, anche italiani.

«Metodi superati»

«Ancora oggi — sottolinea Felicetti nella lettera al governo — sugli animali vengono testati gli effetti di alcol, droghe e tabacco con esperimenti che procurano ogni anno, e dopo atroci sofferenze, la morte di migliaia di animali, e che si basano su un modello sperimentale che fa riferimento ad approcci scientifici del secolo scorso». Secondo Lav le alternative esistenti oltre ad essere più rapide nel dare risposte, sono anche maggiormente predittive, in grado cioè di prevedere con più efficacia gli esiti dell’utilizzo di un nuovo farmaco sugli esseri umani. Il ministero della Salute, lo scorso febbraio, aveva aumentato a 6 milioni di euro in tre anni i fondi per la ricerca con metodi alternativi – il ricorso alle nuove tecniche è anche un proposito indicato anche nella legge del 2014 — e proprio per questo l’associazione chiede a Speranza di non avere cedimenti e di confermare quell’orientamento. Come? Intanto rifinanziando subito il fondo; e poi prendendo spunto dalla Regione Emilia Romagna, che già promuove bandi a sostegno delle ricerche con modelli alternativi che il ministero della Salute potrebbe «copiare» a livello nazionale. Lav si è rivolta anche ai deputati membri della Commissione Politiche Europee della Camera, chiedendo loro di bocciare tre emendamenti in discussione la prossima settimana che puntano a cancellare i divieti o a introdurre due anni di ulteriore rinvio.

La direttiva Ue e i «paletti» italiani

Sul tema la contrapposizione è forte e va avanti da parecchi anni. L’Italia, nel recepire la direttiva Ue, aveva aggiunto alcune limitazioni prevedendo esplicitamente di «vietare l’utilizzo di animali per gli esperimenti bellici, per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d’abuso». Per gli animalisti i test su esseri viventi in questo campo sono inutili, essendo le conseguenze degli abusi connesse più a problematiche psicologiche che a patologie, e di conseguenza — sostengono —, sarebbe più utile agire sulla prevenzione che non su cure a posteriori. Il fronte opposto sottolinea invece come le dipendenze non siano solo quelle di tipo «ricreativo», legate cioè al consumo smodato di tabacco o alcol o droghe, ma anche quelle indotte da farmaci che coinvolgono direttamente il sistema neurologico e che, oltre a non poter essere evitate da chi quei medicinali utilizza, non possono essere valutate se non con l’osservazione diretta delle reazioni su soggetti vivi, nella fattispecie mammiferi. Quanto agli xenotrapianti, l’obiettivo è arrivare a colmare il gap che separa la grande richiesta di organi da trapiantare e l’effettiva disponibilità di quelli umani, motivo per cui si sta studiando la possibilità di arrivare nel tempo ad utilizzare quelli provenienti da altre specie, ad esempio i suini.

«Non facciamo fuggire i nostri cervelli»

Research4life, piattaforma che raccoglie aziende, operatori e scienziati impegnati nella ricerca biomedica, nei giorni scorsi ha diffuso una nota per ricordare che «la sperimentazione animale rientra tra i metodi e i mezzi necessari per arrivare a terapie efficaci e sicure» e che qualora le restrizioni aggiuntive rispetto alla direttiva comunitaria – e per le quali la UE ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia – dovessero entrare in vigore, «da gennaio numerosi ricercatori italiani si troveranno ostacolati dalla legge più restrittiva d’Europa, che impedirà loro di fare ricerca su argomenti di cui è evidente la rilevanza per la tutela della salute dei cittadini». La conseguenza, secondo R4L, sarà la loro fuga all’estero.

Il nodo dei cosmetici

C’è poi un altro fronte che riguarda i test sugli animali che sta creando fermento in questo periodo, ed è quello della ricerca applicata alla cosmetica. Oggi sul territorio della Ue, per effetto del regolamento 1223/2009, non possono essere commercializzati testati sugli animali, diversamente per esempio dalla Cina che li prevede obbligatoriamente prima della messa in commercio. Tuttavia proprio in seno all’Europa muovono ora indicazioni in senso opposto: l’Echa, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, starebbe avanzando la richiesta di testare alcuni ingredienti ampiamente utilizzati nei cosmetici e in altri prodotti di largo consumo sugli animali, sulla base di alcune pieghe del regolamento Reach (acronimo dall’inglese che sta per registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche), che riguarda appunto le condizioni d’uso delle sostanze chimiche. Le associazioni Peta e Cruelty Free Europe e un gruppo di 450 aziende di cosmetici (tra i tanti i marchi Dove e The Body Shop) hanno sottoscritto però un appello ai vertici della UE — la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen; quello del Consiglio europeo, Charles Michel; e quello dell’Europarlamento, David Sassoli — chiedendo loro di non fare dietrofront sui divieti ai test, ampiamente e di fatto unanimemente accettati sia dai produttori sia soprattutto dai consumatori.

di Alessandro Sala

3 dicembre 2020

(Fonte Corriere della Sera / Animalia)