Gli animali hanno un’anima? Ora se lo chiede anche la Chiesa

Anche i cani vanno in paradiso? Il dibattito sull'anima degli animali da qualche tempo è una questione per teologi: e non è detto che Papa Francesco non sia d'accordo con gli animalisti

Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello della bestia scenda in basso nella terra?” si domanda lo scrittore del Qohelet, il rotolo più misterioso della Bibbia. Nell’antichità, gli animali hanno contribuito al progresso dell’attività umana: dall’era moderna, invece, abbiamo iniziato ad amarli. Ma il nostro rapporto con loro è ambiguo e difficile da definire. Pensiamo alla ricerca sugli animali: è giusto testare vaccini sulle bestie per la nostra salute. Pochi giorni fa in Italia è terminata una lunga battaglia fra la Lega anti vivisezione e i ricercatori delle università di Torino e Parma sulla sperimentazione dei macachi: dopo due anni, i giudici hanno detto che è possibile infliggere sulle scimmie delle minime lesioni cerebrali per consentire la ricerca sulla cecità nell’uomo. Allo stesso tempo, gli scaffali dei nostri supermercati si riempiono di prodotti cruelty-free.

Negli ultimi anni, il nostro rapporto con gli animali è cambiato. Lo dicono i numeri: secondo l’ENPA, nel 2020 si è registrato un boom di adozioni di cani e gatti per un totale di 17.600 animali domestici su scala nazionale: un aumento del 15% rispetto al 2019. Il cambiamento delle nostre abitudini riguarda anche la tavola perché l’Italia, quarto paese produttore di carne bovina, l’anno scorso ha registrato un calo della produzione tale che, dall’ultimo decennio, la sua produzione è diminuita di un terzo (dati Oicb, Sole 24 ore).

La mentalità culturale e sociale sta cambiando anche il nostro immaginario. Durante le fasi del boom economico, Uccelli di Alfred Hitchcock (1963) o Lo squalo di Steven Spielberg (1975) hanno messo in scena un rapporto conflittuale tra l’uomo e il regno animale: fedele a una tradizione favolistica sconfinata, nella lotta con le bestie l’uomo ha sempre visto una parte di sé con cui riappacificarsi, con esiti sempre negativi per l’animale. Giù le mani dai gatti, popolare serie Netflix del 2019, ribalta la prospettiva: da dominatore socialmente accettato, l’uomo si trasforma in assassino condannato dalla platea social. Anche la pandemia di Covid-19 ha influito sulla percezione nelle fasi iniziali: la trasmissione del coronavirus Sars-Cov2 per zoonosi ha evidenziato i comportamenti umani nel collocare gli animali in condizioni disumane, come negli allevamenti intensivi o nei wet market diffusi in Asia. Non è un caso che persino alcune città della Cina, dove manca una legge di tutela per gli animali domestici, abbiano emesso un’ordinanza per vietare il consumo di carne di cani e gatti.

Per questo, domandarsi se gli animali hanno un’anima riflette la complessità della nostra società, ma dimostra che anche la Chiesa cattolica legge i segni dei tempi. Sul primo numero dell’anno di Vogue Italia, dedicato agli animali, padre Antonio Spadaro, stretto collaboratore di papa Francesco, ha rimarcato il legame tra l’uomo e l’essere vivente di fronte alle minacce ecologiche: “Il grido degli animali ci deve svegliare perché́ – scrive il gesuita, citando il papa – la scomparsa di una specie animale è assimilabile alla scomparsa di una cultura”. Poi aggiunge: “Il peccato contro gli animali è la frattura di una connessione radicale tra i viventi, perché il creato non ha frontiere: è di tutti e per tutti”. L’uso di parole come “peccato”, tipiche della teologia morale, sottolinea il grande passo in avanti che il cattolicesimo sta facendo nel campo dell’etica animale.

Non è sempre stato così. I primi a interessarsi del rapporto tra uomini e animali sono stati i filosofi, che sono partiti dal punto di vista dei sensi: se l’animale soffre, allora si deve ammettere la possibilità che vada evitato il male inflitto. Questo punto di vista detto patocentrico – da pathos, dolore in greco – presuppone che la creatura abbia una sua dignità che, in quanto tale, va preservata dall’esperienza della sofferenza inflitta. Da qui parte uno dei più autorevoli filosofi dell’antispecismo, l’italiano Leonardo Caffo, per il quale una vera rivoluzione dell’umanità inizia dal non abusare degli animali, sia sulla tavola, che nella sperimentazione scientifica. La sfida radicale ai nostri stili di vita da parte ha, così, suscitato l’interesse dei primi teologi: se cambia il nostro rapporto con gli animali, non dovrebbe cambiare anche la nostra coscienza?

Ma il 2014 è l’anno centrale dell’attenzione cattolica per gli animali, tanto che molti – pur senza ammissioni esplicite sull’argomento – credono che la Laudato si’ rappresenti un punto di partenza sul tema della sensibilità animalista, almeno dai tempi di Liberazione animale di Peter Singer, che affronta il tema della lotta allo specismo. Quello stesso anno, la stampa riportò che papa Francesco avesse parlato di paradiso per gli animali a un bambino in lacrime per la morte del suo cane: “Un giorno vedremo di nuovo i nostri animali nell’eternità di Cristo. Il paradiso è aperto a tutte le creature” scriveva Il Corriere della  Sera il 27 novembre 2014 riportando le parole di papa Francesco durante l’udienza: in realtà, il papa aveva citato un suo predecessore, Paolo VI. Interpellata dal New York Times, Christine Gutleben, a capo della Humane Society Usa – fra le più grandi associazioni a difesa degli animali negli States – disse: “Se il papa voleva dire che tutti gli animali vanno in paradiso, allora l’implicazione è che gli animali hanno un’anima. E se è vero, allora dovremmo considerare seriamente come li trattiamo”. Poco dopo le ha fatto eco Sarah Withrow King, direttrice del gruppo di attivisti anti-macello Christian Outreach and Engagement, che ha paventato che dichiarazioni del genere “potrebbero influenzare le abitudini alimentari, allontanando i cattolici dal consumo di carne”. Ma la questione non è così semplice. Lo stesso pontefice nel 2014, durante la messa a Santa Marta, aveva criticato i “matrimoni sterili”, quelli cioè in cui i due coniugi scelgono volutamente di non volere bambini: “Forse è più comodo avere un cagnolino, due gatti e l’amore va ai due gatti e al cagnolino. È vero o no, questo?” aveva domandato. E lo stesso tono era tornato durante un’udienza giubilare nel 2016, criticando chi versa amore negli animali e si dimentica degli altri esseri umani: “Quanta gente attaccata a cani e gatti e poi lascia sola e affamata la vicina. No, per favore no!”, aveva esclamato. 

L’ambivalenza nelle parole del papa riflette la stessa ambivalenza che emerge quando, parlando di anima degli animali, ci si trova di fronte a due tendenze opposte: chi considera l’animale parte del creato, ma funzionale allo sviluppo dell’essere umano, e chi lo umanizza. A cercare di fare chiarezza sul tema è un monaco sudtirolese, padre Martin Lintner. Il suo contributo è uno dei più interessanti, perché è un tentativo di rispondere a domande su cui le prospettiva cristiana è rimasta indietro. Nel suo libro, Etica animale. Una prospettiva cristiana, (Queriniana 2020), Lintner non dà risposte definitive, ma stimola nuove domande. 

Padre Lintner, perché l’etica animale ha un risvolto morale?
“I motivi sono vari. Prima di tutto, sono le condizioni negli allevamenti e nei macelli che rendono necessaria una riflessione etica su come trattiamo gli animali. Vorrei ricordare che ogni anno in Europa per la produzione di carne vengono macellati 360 milioni di maiali, pecore, capre e bovine, in aggiunta un paio di miliardi di pollame. Nei trattamenti di cova si uccidono annualmente più di 300 milioni di pulcini maschi appena nati. Esistono tuttora anche in Europa allevamenti di pellicce con milioni di animali. Ultimamente, a causa di infezioni con il Coronavirus sono stati uccisi milioni di visoni. Vorrei poi ricordare i numeri sul trasporto di animali. Non ci sono cifre ufficiali, ma si stima che ogni giorno nei paesi dell’Unione Europea vengono trasportati circa 3,8 milioni di animali, questo equivale a circa 1,4 miliardi di animali all’anno: un recente studio di The Guardian ha rilevato che l’Ue è il più grande esportatore di animali vivi al mondo con circa l’80% dei trasporti internazionali di animali vivi nel mondo. Sappiamo che molti animali, soprattutto pecore e bovini, vengono anche trasportati in paesi extra-Ue, come Nord-Africa, Medio Oriente e Asia Centrale. Su queste modalità di trasporto, inoltre, spesso mancano i confronti sulla loro conformità alle leggi UE relative alla protezione degli animali”.

Sull’interesse dei teologi al tema, lei parla di un “buco nero”. Perché?
“Mi riferisco al fatto che, nei libri di teologia della creazione e nei trattati di etica teologica, la questione della relazione uomo-animale e le implicazioni etiche non si trovano o sono insufficienti. Sicuramente su questa lacuna ha influenzato la tradizionale dottrina sugli animali come essere viventi non dotati di ragione ai quali non veniva riconosciuta un’anima immortale. Da un punto di vista filosofico, si trova l’argomentazione che gli animali, non essendo capaci di agire moralmente, non facciano parte della ‘comunità morale’ e che perciò i doveri morali degli uomini nei confronti degli animali sarebbero solo indiretti oppure di secondo grado. Nell’epoca moderno, il dualismo cartesiano che ha distinto tra res cogitans e res extensa, cioè tra esseri capaci di ragionare da una parte e realtà fisiche dall’altra ha avuto come conseguenza una visione meccanicistica degli animali. La capacità di soffrire e sentire emozioni non veniva vista come moralmente rilevante. Oggi troviamo una crescente sensibilità per questi aspetti”.

E oggi, invece, cosa è cambiato nella teologia?

“A livello teologico ci stiamo interrogando sul perché, nella tradizione cristiana, ci siamo quasi dimenticati degli animali. I personaggi che rappresentano un’eccezione come san Francesco d’Assisi o san Filippo Neri – di cui si dice che, a causa del suo amore per gli animali, non mangiava carne – sono rari. Dobbiamo riscoprire anche i fondamenti biblici secondo i quali la vicinanza tra uomo e animali è più grande delle differenze. Nella Bibbia troviamo molte norme che richiedono un giusto comportamento nei confronti degli animali: nella Genesi, dopo il diluvio Dio ha esteso la sua alleanza non solo a Noè, ma anche a tutti gli animali. Per la tradizione cattolica, poi, l’evento salvifico di Cristo include tutta la creazione, animali inclusi. Mi sembra che su questo finora abbiamo riflettuto troppo poco. Certamente dobbiamo riflettere anche su ciò che contraddistingue la specie umana delle specie animali. Ritengo problematici gli approcci filosofici cosiddetti “specistici”. Dall’altra parte, però, dobbiamo superare anche una forma di antropocentrismo che riduce gli animali alla loro funzione per noi uomini e non riconosce che hanno un valore proprio che va riconosciuto e rispettato indipendentemente”.

Possiamo, quindi, fare scelte etiche nel nostro quotidiano?

“Certamente. Dal momento in cui pensiamo a noi stessi come animali, dobbiamo chiederci criticamente come li trattiamo e se rispettiamo i loro bisogni. Allo stesso tempo, dobbiamo stare attenti a non “umanizzarli”, senza proiettare in loro delle aspettative alle quali non possono rispondere. Inoltre, la grande maggioranza di noi consuma prodotti d’allevamento: carne, latte, formaggi, ma anche articoli d’igiene od altri in cui vengono usati prodotti provenienti dagli animali. Secondo me, dovremmo chiederci da quale tipo di allevamento questi prodotti provengono. In moltissimi casi è possibile scegliere senza problemi prodotti vegani, in altri dobbiamo deciderci per prodotti la cui provenienza è presentata in modo trasparente. Oltre la questione dell’etica animale, il consumo di prodotti dell’allevamento ha anche una valenza ambientale. Sappiamo che l’agricoltura industrializzata e gli allevamenti di massa giocano un ruolo significativo nel cambiamento climatico. Anche da questo punto di vista è urgente e necessario un cambiamento sistemico dell’agricoltura. La riduzione del consumo di carne e l’attenzione per la sua provenienza da un’agricoltura ecologicamente sostenibile è, per esempio, una scelta che ciascuno di noi può fare in nome del rispetto verso il pianeta e l’umanità intera”.

di Marco Grieco

06 Febbraio 2021

(Fonte WIRED.IT)