«Basta animali allevati in gabbia». Jane Goodall e altri 140 scienziati premono sulla Ue

Una lettera a sostegno dell’iniziativa «End the cage age» è stata inviata ai vertici dell’Unione europea. Anche una dozzina di docenti e scienziati italiani tra i firmatari. Che si aggiungono al quasi milione e mezzo di cittadini che hanno firmato la petizione

La personalità delle galline

Tra i nomi dei firmatari ci sono anche una dozzina di italiani — etologi e professori universitari — e, tra gli altri grandi nomi internazionali, Jane Goodall, la scienziata britannica che ha dedicato la sua vita allo studio dei primati in libertà e fondatrice dell’omonimo istituto; e Carl Safina, docente universitario e scrittore, autore tra l’altro di «Al di là delle parole», volume che ha inaugurato la collana Animalìa di Adelphi (e qui un suo intervento sul Corriere della Sera dal titolo: «Ciascun animale è un individuo»). Jane Goodall sa bene cosa significhi per un animale essere libero, per poterli studiare ha deciso di essere lei a spostarsi nel loro ambiente (e vi è rimasta per 40 anni). E per questo ha deciso di spendersi per questa battaglia. «La maggior parte delle persone oggi comprende che gli uccelli sono esseri senzienti — spiega pensando ad un particolare tipo di uccello che oggigiorno siamo poco abituati a considerate tale, ovvero le galline —. Abbiamo osservato galline salvate dagli allevamenti intensivi: ognuna aveva una personalità distinta, tutte mostravano emozioni come il piacere e la paura. Un numero crescente di ricerche scientifiche lo sostiene e non c’è dubbio che la vita racchiusa in una piccola gabbia causi grandi sofferenze». Ecco perché «l’Ue deve agire a nome dei milioni di animali trattati in questo modo crudele».

Il bilancio e la Pac

L’Unione europea, tra l’altro, riconosce gli animali come esseri senzienti anche nel proprio trattato costitutivo. Ma un conto sono le dichiarazioni di principio e un conto è la realtà. Di fatto, la Politica agricola comune (Pac), ovvero le politiche sull’agricoltura e l’allevamento che assorbono gran parte del bilancio comunitario (QUI il report commissionato da Greenpeace), fanno fatica a recepire il concetto e ancora oggi molti contributi finiscono proprio ad aziende che adottano metodi intensivi e non orientati al benessere animale. Di qui la mobilitazione delle associazioni e dei cittadini che premono su quella che, almeno stando alle dichiarazioni di intenti, è la più «green» tra tutte le Commissioni Ue che si sono succedute nei quinquenni. La spinta verso uno sviluppo sostenibile fa si che questo sia il momento giusto per chiedere un cambiamento.

Le raccomandazioni dell’Efsa

Qualcosa, del resto, si muove anche all’interno della stessa Ue. L’Efsa, l’agenzia per la sicurezza alimentare, nel corso degli ultimi anni ha pubblicato una serie di report con raccomandazioni utili al miglioramento degli standard di allevamento (per coniglimaialibovini) prevedendo tra le altre cose un allargamento degli spazi a disposizione di ciascun capo e l’adozione di metodi di macellazione e di cura che siano più rispettosi della salute degli animali, dal punto di vista sia fisico sia psichico. L’allevamento nelle gabbie non va decisamente in questa direzione. E non ci sono solo gli animali destinati al consumo alimentare umano, che pure sono il focus della mobilitazione. Nei giorni scorsi l’Efsa ha diramato uno studio in collaborazione con il Centro europeo per la prevenzione delle malattie in cui rileva come tutte le aziende che allevano visoni e furetti per la produzione di pellicce c’è un forte rischio di contagio da coronavirus e tra le cause della facilità di contagio c’è proprio il metodo di allevamento, in gabbie di rete metallica che favoriscono la contiguità tra animali.

Piccoli passi avanti

Molti miglioramenti sono stati introdotti, in alcuni casi sono previste le cosiddette «gabbie arricchite», leggermente più ampie e separate le une dalle altre, che hanno sostituito le vecchie gabbie in batteria. Tuttavia la coalizione internazionale chiede di arrivare, seppure per tappe, ad un superamento totale dell’allevamento in gabbia. E così pure gli studiosi firmatari dell’appello che nella loro missiva sottolineano tutti i punti deboli degli attuali sistemi: il contenimento eccessivo che non permette movimenti, neppure il semplice atto di girarsi; recinti per bovini individuali che impediscono loro non solo il movimento ma anche la socialità; oche e anatre che non hanno modo di razzolare e scorrazzare come farebbero in natura. E altri ancora.

La coalizione internazionale

La coalizione «End the cage age» è nata nel 2018 per iniziativa di Compassion in world farming (Ciwf) e si è via via allargata fino a raggiungere i 170 gruppi che la compongono attualmente. L’Italia partecipa con 21 associazioni, tra cui praticamente tutte quelle che operano a livello nazionale. La raccolta di firme a sostegno della proposta di abolizione è durata un anno e ha permesso, come detto, la raccolta di 1,4 milioni di consensi, superando abbondantemente il quorum del milione necessario affinché la Commissione prenda in considerazione il tema. La super-petizione è stata presentata a Bruxelles il 2 ottobre scorso e ora c’è attesa per la risposta. Molte lobby sono all’opera per cercare di frenare la transizione verso metodi di allevamento più rispettosi degli animali, come già successo in passato. Il grande consenso popolare che oggi ruota attorno a questi temi lascia però pensare che questa sia la volta buona.

 23 Febbraio 2021
(Fonte IL CORRIERE DELLA SERA | Animalia)

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* . Le 21 associazioni italiane che fanno parte della coalizione End the Cage Age sono: Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, HSI/Europe – Italia, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA,OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus, Lumen.