Guardando Vincenzo

Fin da piccolo ho sempre detestato i funerali. Non andai neanche a quello di mia madre perché non riuscivo ad ammettere che fosse successo davvero. Perciò vorrei che perdonaste a questi bambini di non avere indossato bene la mascherina. La foto li ritrae mentre schiacciano il naso non contro le vetrine natalizie, come sarebbe sacrosanto a quell’età, ma contro i finestrini del carro funebre che sta portando al cimitero la bara bianca di Vincenzo Semeraro, il loro amichetto morto di linfoma nella città della ex Ilva. Questa foto ha dietro di sé una storia lunga e potente. I genitori dei bambini hanno fatto una colletta per aiutare la famiglia di Vincenzo a pagare le cure. E le stesse faccette che vedete incollarsi a quel vetro come se rappresentasse l’ultima scia di ciò che hanno perduto, il giorno in cui Vincenzo partì per l’ospedale si diedero appuntamento sotto casa sua per ricordargli con un tifo da stadio che non lo avrebbero lasciato solo.

Non smetto di guardarli, come loro non smettono di guardare lui. Vorrei che mi insegnassero a non scappare dal dolore, a piantargli gli occhi in faccia con la loro stessa paura e il loro stesso coraggio. Vorrei saper imitare il loro talento nello stare sul pezzo, senza ritrarsi né nascondersi da ciò che invece va attraversato. Proprio io, che adesso ai funerali ci vado ma stando sempre attento a darmi un contegno, guardo quegli sguardi disperati e indifesi e, chissà perché, li trovo invincibili.
desc imgdi  Massimo Gramellini | 03 dicembre 2020
(Fonte CORRIERE DELLA SERA)